La dichiarazione di non sostenibilità del debito e il pericolo della recessione
di Alessandra BernardisFMI e debito argentinoIl Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha dichiarato il debito sovrano argentino non sostenibile e ha interpellato i creditori privati per invitarli a dare un “contributo significativo”. “Di conseguenza, è necessaria un’operazione definitiva di indebitamento, che genera un contributo apprezzabile da parte dei creditori privati” ha dichiarato un team di esperti che dialogheranno con le autorità locali. La situazione economicaL’economia argentina si è trovata in recessione, alta inflazione e crollo del mercato. In particolare la recessione di 2 anni ha segnato una riduzione del 6% del Pil e un aumento dei prezzi del 55%. Il debito pubblico è al 94% del Pil. I dati di fine 2019 sono stabili. Per il 2020 è prevista una leggera recessione visto il quadro macro- economico mondiale causato dal coronavirus e si riducono le aspettative di inflazione al 54% annuo. Valutata la situazione generale, l’economia argentina viene considerata a bassa affidabilità. Come si muove il governo?Il nuovo governo, insediatosi a dicembre 2019, ha emanato un decreto contenente misure di politica fiscale e monetaria di emergenza. Sono previste entrate fiscali aggiuntive pari all’1,5-2,0% del Pil e un aumento delle tasse per le esportazioni agricole, unico settore in cui si è registrata una crescita. E’ stato predisposto un “piano anti-fame”, bonus per le piccole pensioni e, per i meno abbienti, una maggiore spesa per il servizio pubblico. Un paragone con la crisi del 2001La crisi economica e sociale del 2001 ha segnato i cittadini e i mercati finanziari. Sicuramente è forte la paura che riporta i cittadini a quell’epoca, in particolare per quanto riguarda la recessione. Paura giustificata dalla continua riduzione del potere d’acquisto dovuto dall’aumento costante dei prezzi. Come conseguenza della generale sfiducia nel sistema economico argentino, chi ha risparmi li conserva in casa o li cambia in dollari pur di non depositarli in banca, dove il rischio di perderli è concreto. Fonte: Il Sole 24 Ore, Rsi, Agi |
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