Ma cos’è questo maledetto capitalismo?
di Francesco Saverio De MarchiI cambiamenti climatici? Colpa del capitalismo. La povertà nel mondo? Colpa del capitalismo. Le guerre? Colpa del capitalismo. I terremoti? Colpa del capitalismo.Salvini? Colpa del capitalismo. Insomma, tutto è colpa di questo mostro immortale, ma almeno sappiamo di cosa stiamo parlando? Si potrebbero dare diverse definizioni di questo termine inflazionato, di tipo filosofico, economico, giuridico e così via, ma tentiamo di esaminare solo una delle tante, quella più rilevante storicamente. Per capitalismo, a detta di Karl Marx, il più famoso critico della “società capitalista”, si intende quel sistema economico dove i mezzi di produzione sono posseduti dai capitalisti; tale condizione necessaria entra quindi in contrapposizione con un sistema comunista, dove i mezzi di produzione sono posseduti dallo Stato e/o dai lavoratori. Il punto centrale, la così detta “condizione necessaria” affinché si possa definire un sistema economico “capitalista”, è la proprietà privata (e non collettiva) dei mezzi di produzione. Insomma, affinché si voglia definire comunista o capitalista un paese, bisogna guardare alla tutela, costituzionale o meno, del diritto di proprietà privata. Detto ciò, passiamo ai casi concreti. Ci sono stati diversi paesi nella storia recente e, seppur in misura minore, anche nel presente, dove è stata abolita la proprietà privata o ridotta significativamente, concessa solo a pochi eletti o condizionata a regole molte rigorose e decisamente “illiberali”. Esempi recenti sono la Cina comunista, l’URSS e la Corea del Nord. Nel primo caso solo negli ultimi anni c’è stata una progressiva, seppur limitata, concessione di libertà d’iniziativa privata (e di proprietà privata) e, a partire da quel periodo, la povertà assoluta nel paese tende sì a diminuire, ma rimane comunque a livelli impensabili per l’occidente. L’URSS, come ben sappiamo, è letteralmente collassato su se stesso, lasciando dietro di sé uno dei paesi con il maggiore tasso di mortalità infantile e povertà assoluta della seconda metà del XX secolo. La Corea del Nord, oggi famosa per il suo simpatico dittatore che si diverte a fucilare parenti con i cannoni, ha deciso di espropriare i cani ai suoi sudditi più “benestanti” per sfamare la popolazione più povera. Questi sono tre paesi che hanno “ufficialmente” adottato sistemi anti-capitalisti, nel senso prima menzionato del termine. Ci sono poi innumerevoli altri paesi che, soprattutto nell’America Latina, ma anche l’attuale Russia ne è un esempio, hanno deciso di adottare sistemi che sì riconoscono una certa forma di capitalismo, ma direttamente gestita dagli apparati di Stato. In sostanza, lo Stato interviene in modo diffuso nei vari settori del paese, garantendo l’esistenza di monopoli (soprattutto nei settori dell’energia e dei trasporti), amministrati da “imprenditori” amici del politico di turno, di fatto costruendo un sistema oligarchico, anche definito “capitalismo di Stato”. Vedete qualche somiglianza con un paese in particolare? Esatto, l’Italia. Il nostro paese è sempre stato in bilico tra un sistema capitalista propriamente detto e un capitalismo di Stato, più tendente verso il secondo prima dell’ingresso nell’Unione Europea. L’ordinamento UE e le sue istituzioni hanno posto un forte freno agli aiuti di Stato e al deficit di bilancio, incentivando così la concorrenza e rallentando l’intervento dello Stato nell’economia. Per nostra sfortuna, i vincoli messi dall’Europa ai tentacoli dello Stato italiano (o meglio, alla sua classe politica) sono stati allentati durante la pandemia e, non a caso, lo Stato si sta espandendo in vari settori considerati “strategici”, come le autostrade e il trasporto aereo. Quindi, tornando al tema centrale, quali paesi potremmo chiamare prettamente capitalisti? Partendo dal presupposto che non esiste un sistema economico pienamente capitalista (o liberista), come non esiste e non è mai esistito un sistema pienamente comunista (ma sono esistiti tentativi inevitabilmente falliti), possiamo considerare i paesi anglosassoni, la Svizzera e altri paesi dell’Unione Europea, a cui si aggiungono alcuni orientali (Hong Kong, Corea del Sud, ecc.) che hanno subito una forte influenza occidentale, come molto più tendenti al capitalismo che al comunismo (seppur ogni sistema economico presenti forti differenze, al netto dei punti in comune, rispetto agli altri). Ora provate a prendere un paese anti-capitalista o con un forte capitalismo di Stato, confrontatelo con i primi 10/15 paesi per libertà economica (vi sono diversi indici che la misurano), e scoprirete che, in termini di benessere e ricchezza, la differenza è abissale. Quindi dove pone le sue radici l’anti-capitalismo diffuso nel nostro paese? Difficile a dirsi. Sicuramente uno dei motivi, a mio avviso fondamentale, è l’invidia sociale, o meglio l’invidia nazionale. Negli ultimi 20 anni si è vista una forte crescita dei paesi vicini, anche i più simili culturalmente ed economicamente, mentre l’Italia è rimasta ferma, quasi in uno stato di coma farmacologico. Mentre i nostri partner europei vedono aumentare la produttività, lo sviluppo tecnologico e, di conseguenza, Pil e benessere, noi andiamo indietro. Questo genera un forte senso di invidia, alimentato da politica e media, i quali ci spingono a trovare un capro espiatorio, un nemico comune, pur di non accettare che il problema siamo noi. Gli immigrati, l’Euro, Bill Gates, il capitalismo: sono tutti buoni motivi per non guardarci allo specchio, così da non renderci conto di quanto tempo abbiamo perso per rincorrere il sogno irrealizzabile di una decrescita felice, ottenendo invece un immobilismo infelice. Fonti: Corea del Nord confisca i cani |
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