Errori e responsabilità nella gestione dell’epidemia in Lombardia
di Lucrezia Lesa e Francesco Saverio De MarchiDa quanto circolava il virus?Il 23 Febbraio, nell’ospedale di Alzano Lombardo, arriva uno dei primi pazienti CoViD ufficiali della regione. “Ufficiali” perché secondo uno studio il coronavirus circola in Italia già da Gennaio (il Sole 24 ore). Per quale motivo non è stato tempestivamente rintracciato e fermato? Stando alle direttive dell’OMS e del Ministero della Salute, gli unici casi sospetti che inizialmente potevano essere sottoposti a tampone erano coloro i quali facevano ritorno dalla Cina negli ultimi 14 giorni. Inoltre, non essendo dimostrata fin da subito la pericolosità degli asintomatici, le autorità sanitarie hanno suggerito di escludere questi ultimi dai tamponi, sottostimando la diffusione del contagio. Da qui, un escalation di ulteriori errori ha aggravato maggiormente la situazione. Il contagio tra gli operatori sanitariPer cominciare, a differenza dell’ospedale di Codogno, quello di Alzano non viene messo in quarantena. L’ospedale diventa quindi uno dei focolai del virus, di cui gli operatori sanitari ne sono i principali diffusori. Come dichiara il professor Andrea Crisanti “Il personale medico è in prima linea e chiaramente è stato il primo a essere stato investito da un grande numero di pazienti, probabilmente inconsapevole che fossero portatori del virus. Quindi non è da sorprendersi che ne abbiano pagato per primi le conseguenze”. Infatti, già il 17 marzo l’8,3% dei casi totali erano operatori sanitari, il doppio rispetto alla Cina. A chi compete il lockdown?Si aggiunge poi la confusione sulla ripartizione di competenze fra Stato e regioni in ambito sanitario. Come riporta il sole24ore, la Costituzione attribuisce allo Stato la definizione dei livelli essenziali dei servizi (tra i quali appunto la sanità), ma alle regioni il potere legislativo in materia sanitaria. Nel tempo il quadro normativo sulle emergenze sanitarie si evolve. In estrema sintesi, Il potere di adottare “ordinanze contingibili e urgenti” in materia è attribuito a comuni, poi regioni e infine Stato, i quali dovrebbero intervenire in relazione alla diversa estensione territoriale del contagio. A complicare il quadro normativo interviene il Decreto Legge del 23 febbraio 2020 n.6, con il quale lo Stato sembra accentrare ogni potere sull’emergenza sanitaria tra cui la definizione delle “zone rosse”. Questo ha creato disordine in merito alle competenze costringendo il governo ad abolire il decreto di febbraio con il Decreto Legge 25 marzo 2020 n.19, così chiarendo definitivamente che l’istituzione di zone rosse compete alle regioni. Il caos legislativo ha dunque rallentato l’adozione di misure più stringenti che avrebbero potuto contenere la diffusione del virus. I grandi focolai nelle RSAUltimo ma non ultimo, il problema della gestione del virus nelle Rsa. "A non esser stata protetta dal coronavirus è stata proprio la popolazione più debole e indifesa, quella degli anziani nelle case di riposo. Una vera e propria strage diffusa su tutta la regione Lombardia che poteva essere evitata." Così Roberto Rossi, segretario della Cgil di Bergamo, ha denunciato il fatto che l’Azienda di tutela della Salute ha costretto le Rsa a tenere aperti i centri diurni, servizi che permettono agli anziani di passare parte della giornata con la famiglia. Inoltre, l’8 Marzo 2020, la Giunta lombarda di Fontana ha permesso ai pazienti CoViD-19 in via di guarigione di terminare la convalescenza all’interno delle case di riposo, mettendo a rischio gli altri ospiti nonché il personale delle strutture. Di chi la responsabilità?In uno scontro tra governo e regione, il governatore Fontana ha dichiarato “io non ritengo che ci siano delle colpe in questa situazione. Ammesso che ci sia una colpa, la colpa é eventualmente di entrambi”. Conte replica "abbiamo sbagliato o fatto bene? Riteniamo di aver agito in scienza e coscienza, ce ne assumiamo tutta la responsabilità. Ci sarà poi il tempo per giudicare e io non mi sottrarrò.” (Ansa.it). |
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