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Il crollo del petrolio

Quando il prezzo di un bene diventa negativo

22.04.2020
60"
di Davide Marchesan

-37.63 dollari al barile

Lunedì 20 aprile il prezzo di una consegna di petrolio americano (prodotto in Texas) con scadenza a maggio ha chiuso la seduta al prezzo di -37.63 dollari al barile. E’ la prima volta nella storia che il prezzo di un bene di tale importanza per l’economia mondiale diventa negativo. Cosa è successo? E che cosa significa “prezzo negativo”?

Cosa significa “prezzo negativo”

Per i non addetti ai lavori, “prezzo negativo” sembrerà quasi un ossimoro. Per capirne il senso, provate a pensare a una vecchia auto, ferma da anni e non funzionante, che vi venga lasciata in eredità. Su questa auto gravano parecchi costi, come ad esempio il bollo annuale e altre spese per rimetterla in funzione (nonché un garage nel quale tenerla!). Pur volendola vendere, nessuno sarebbe disposto ad acquistarla, data la sua pessima forma. L’alternativa è rottamarla. Come sappiamo, la rottamazione di un’auto ha un prezzo: ciò significa che pur di non pagare le spese che gravano sull’auto siete disposti a pagare per liberarvene. Possiamo dunque dire che il prezzo di quest’auto è “negativo”. La stessa cosa è successa al petrolio.

Cos’è successo al petrolio?

Se il prezzo di un barile di petrolio è negativo, significa che nel mercato c’è qualcuno che sta vendendo petrolio PAGANDO chi lo sta acquistando per liberarsene. Sembrerà strano, ma in condizioni eccezionali (per fare un esempio, durante una pandemia globale), anche il prezzo del petrolio, come quello della vecchia auto, può diventare negativo. Come la vecchia auto, il petrolio ha dei costi. Costa estrarlo, costa tenerlo in magazzino e costa trasportarlo. Costa ancora di più quando nessuno lo compra (perché le imprese sono chiuse e gli aerei non volano) e i magazzini si riempiono. Sotto a un certo prezzo, non conviene nemmeno estrarre petrolio, ma ai livelli record ai quali si è arrivati il 20 aprile, è dannoso pure tenerlo. Ecco dunque che i grandi produttori statunitensi, messi alle corde da una domanda praticamente nulla dovuta al lockdown (che non sappiamo ancora quando finirà), vedendo le proprie riserve strategiche assottigliarsi, sono arrivati a pagare quasi 38 dollari al barile chiunque accettasse di portare via del petrolio dai propri impianti il prossimo mese.

Possibili conseguenze

Le stime dicono che il principale hub di consegna e di stoccaggio del petrolio a Cushing, in Oklahoma, sarà saturo in meno di due settimane. Anche se Donald Trump ha dichiarato che intende vietare le importazioni di petrolio saudita e aumentare le riserve in un disperato tentativo di sostenere il prezzo del petrolio, il mercato ha reagito piuttosto male, continuando la sua caduta. Norbert Ruecker, importante personalità della banca svizzera Julius Baer, ha definito questo fenomeno un “problema tecnico temporaneo”: la verità è che la naturale conseguenza di un evento così epocale è che i Paesi che hanno fondato le proprie economie sull’”oro nero” subiranno un grosso scossone. Il settore del petrolio ne uscirà in ginocchio oppure – eventualità non troppo remota – disteso.

Fonti: Reuters, Investing, Bloomberg

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