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Il caso Ungherese, dall'occupazione a Viktor Orbán

La Costituzione del 2012 e le politiche migratorie accendono i riflettori europei sull’Ungheria

23.03.2020
60"
di Francesco Saverio De Marchi

L’occupazione sovietica

La fine della seconda guerra mondiale è seguita da un lungo periodo di occupazione straniera da parte dell’URSS. Nel 1949 viene introdotta una Costituzione ‘’comunista’’, che garantisce la diffusione nel paese della cultura politica e sociale sovietica. Nell’Ungheria occupata solo un partito decide le sorti del paese. Molto vicino all’URSS, il Partito Socialista Operaio guidato da János Kádár rimane al potere dal 1956 al 1989. Perde il controllo sul paese con la rivoluzione dell’89 e il fallimento dell’alleato sovietico.

Il breve periodo democratico

L’Ungheria approva per la prima volta una Costituzione democratica appena nel 1989. Con l’intento di fare propri i principi delle democrazie liberali europee, l’Ungheria conosce per la prima volta la libertà politica. Un periodo destinato a durare poco. Una legge elettorale fortemente maggioritaria (disegnata per garantire più seggi al primo partito) premia Viktor Orbán alle elezioni del 2010. Con il 52% dei consensi, la coalizione di centro-destra ottiene più dei 2/3 dei seggi necessari a modificare la Costituzione. Inizia così il procedimento di riforma costituzionale.

La nuova Costituzione del 2012

Il primo gennaio del 2012, dopo un breve periodo di lavori parlamentari, entra in vigore la Costituzione di Orbán. Già nella prima parte della Carta Costituzionale si può intuire cosa la distingua dalla precedente. Sono tre le caratteristiche necessarie ad ottenere la ‘’carta d’identità Ungherese’’, fondamentale per riconoscersi nella nuova Costituzione: il nazionalismo, il cristianesimo e l’anti-comunismo. Il vero problema riguarda però la divisione dei poteri. Una serie di leggi approvate in attuazione della Carta Cost. riducono significativamente l’indipendenza del sistema giudiziario dal potere politico.

Lo scontro con L’UE

La contrapposizione con l’Europa diventa violenta sul tema migratorio. Il Consiglio dell’Unione Europea, con decisione 1601/2015, impone la redistribuzione proporzionale degli immigrati di Italia e Grecia fra gli altri paesi dell’Unione. Alla luce di questa imposizione sovranazionale, il Governo ungherese inizia una campagna referendaria anti-migratoria ed anti-europea. Il referendum non raggiunge il quorum necessario ad attribuirgli legittimità, ma ciò non impedisce a Orbán di usarlo come arma nella lotta politica. I rapporti fra UE e Ungheria sono ancora oggi molto fragili. Il ‘’caso ungherese’’ rimane un problema irrisolto.

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